Maggie Taylor (nata nel 1961 a Cleveland, Ohio)è un artista che lavora con le immagini digitali. Ha vinto il Santa Fe Center for Photography Competition’s Project nel 2004. Il suo lavoro è stato ampiamente esposto negli Stati Uniti e in Europa ed è rappresentata all’interno delle collezioni permanenti di diverse gallerie e musei. E ‘la terza moglie del fotografo americano, Jerry Uelsmann.
Ha raggiunto una Laurea di primo livello presso la Yale University nel 1983. E un Masters in Fine Arts presso University of Florida in 1987.
Le sue su illustrazioni sono stampe che realizza attraverso la scansione di oggetti in un computer utilizzando uno scanner piano, poi fa una stratificazione e una manipolazione di queste immagini utilizzando Adobe Photoshop in un montaggio surrealista.
Maggie, che attualmente è in mostra a Verona con i suoi lavori, ha risposto ad alcune domande sul suo lavoro…
Hai una laurea in filosofia in apparenza, ma solo in apparenza, qualcosa di distante dalla fotografia: raccontaci come è nata la tua passione per lo scatto…
Quando ero al college alla Università di Yale studiavo anche fotografia e dopo che mi sono laureata ho continuato a frequentare la scuola d’arte. Penso che avere una formazione artistica il più possibile completa è qualcosa di molto positivo: la storia, la filosofia, e la letteratura sono studi che riescono a darti un buon bagaglio di cultura e soprattutto contribuiscono a influenzare il lavoro di un’artista.
La mostra che si sta svolgendo a Verona è la prima che fai in Italia?
Si, ed è la mostra più completa che abbia mai fatto finora. Nella personale ci sono molti miei lavori da quelli più vecchi fino alle immagini digitali più recenti e gran parte della serie Almost Alice, il lavoro ispirato ad Alice nel paese delle Meraviglie che ho realizzato tra il 2005 e il 2008.
I tuoi lavori sono molto originali ed interessanti dal punto di vista tecnico: come si svolge in concreto la realizzazione delle tue opere?
Il più delle volte uso lo scanner al posto della macchina digitale. In pratica posiziono un piccolo oggetto (una bambola, una sedia di una casa di bambole, una vecchia fotografia) sul vetro dello scanner e lascio aperto il coperchio. Non uso nessuna luce speciale o aggiuntiva per il mio scanner solo la sua luce naturale. Sul mio computer poi uso Photoshop per unire e ritoccare le scansioni provando il modo migliore in cui abbinarle. Di solito lavoro in contemporanea su più immagini alla volta. Possono passare poche settimane o anche sei mesi finché non sono soddisfatta e quindi posso procedere ad una stampa di prova. Di solito ci sono molte stampe di prova prima di arrivare alla fine del lavoro. Preferisco vedere le immagini stampate perché non sono pienamente convinta vedendo i miei lavori solo sullo schermo. Non so quale sia il lavoro che mi ha preso più tempo, forse il più difficile da realizzare è stato “Girl with a bee dress” perché è stato nel mio computer per ben sei mesi prima che io fossi contenta di come fosse venuto.
Nella serie Almost Alice, di cui parlavi prima, hai rivisitato una fiaba molto famosa, piena di simboli e significati nascosti…
Questa serie di immagini mi ha preso tre anni di lavoro. Tutto è cominciato perché molte persone mi chiedevano se mi piacesse la favola di Lewis Carroll. Si tratta di una storia affascinante, specialmente per l’uso del linguaggio ed è piena di giochi di parole. Dato che molte persone che mi stavano intorno continuavano a nominarla ho deciso di leggerla di nuovo e ho pensato di realizzare una serie di immagini per illustrarla. Mi è piaciuto lavorare a questa serie. Le bambine che “interpretano” Alice nei miei lavori sono diverse ragazze del periodo vittoriano provenienti da vecchi dagherrotipi.
Come definiresti il tuo stile? Vintage, retrò, digitale, pittorico…
Non sento il bisogno di definire il mio stile in una categoria. Mi piace chiamarla solo arte digitale. Si tratta di uno stile che unisce la fotografia in quello che riguarda la macchina digitale e le vecchie foto che passo nello scanner. Qualche volta realizzo personalmente anche dei disegni a pastello da usare come sfondo.
The Herald, 2006
Hai qualche nuovo progetto in vista? Vuoi parlarcene in anteprima?
Proprio ora sto lavorando su nuove immagini usando foto d’epoca che ho avuto nel mio studio per un periodo…. Non so quando finirò questo lavoro ma spero di realizzare delle immagini che lasceranno un segno nella storia della fotografia… vedremo! A novembre ho in programma una mostra a Boston e spero proprio di avere la nuova serie per quella data.
Quale significato ha la fotografia nella tua vita?
Spero di avere la risposta giusta a questa domanda… Mi piace il divertimento che c’è dietro la realizzazione di una immagine e sono contenta che ci sia la tecnologia ad aiutare il mio lavoro. Non sono una brava pittrice ma con l’aiuto del computer posso realizzare cose che riflettono il senso dei miei sogni. Le persone sulle quali lavoro provengono da dagherrotipi, tintypes e ambrotypes dell’800. Si tratta di immagini molto vecchie ma che sono affascinanti per me per una serie di ragioni. Per prima cosa rappresentano un periodo in cui le persone subivano il fascino magico della fotografia. Avere un ritratto fatto da un fotografo in studio era una occasione importante e non succedeva così spesso per la maggior parte delle persone… non come oggi quando scattiamo a raffica con le macchine digitali o i telefonini e possiamo vedere subito il risultato! Nel passato una fotografia era qualcosa di speciale che aveva un posto importante in casa in una cornice o in un prezioso album di famiglia. Le persone ritratte in queste foto d’epoca dovevano stare immobili a cuasa dei lunghi tempi di esposizione e così di solito non ridevano o cambiavano espressione: sembrano tutti molto seri ma anche in qualche modo tristi. I loro abiti, poi, sono un segno dei tempi passati e sembrano quasi irreali per me.
Ami un fotografo del passato o attuale in particolare?
No, non ho un fotografo che amo in particolare. So che ho visto migliaia di scatti di marito, Jerry Uelsmann anche lui fotografo… di solito guardiamo e commentiamo a vicenda i nostri lavori e in qualche modo ci influenziamo. Sebbene i nostri procedimenti e le modalità di lavoro siano molto simili lui lavora ancora in camera oscura io invece uso il computer.